Anche i medici hanno bisogno di coccole

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Quando ti ammali seriamente il medico che ti cura, sia esso chirurgo oppure oncologo, diventa quasi un mito, tendiamo a metterlo su un piedestallo, per il semplice fatto, peraltro per noi fondamentale, che sta cercando di salvarci la vita. 

Ma così facendo talvolta lo allontaniamo da noi; noi ci facciamo piccoli piccoli, mentre il “luminare” decide del nostro futuro.

Frequentando tanti medici, prima come volontaria ospedaliera, poi come paziente oncologica, mi sono resa conto che anche i dottori hanno bisogno di “coccole”, cioè di un approccio empatico, di un sorriso, di due parole dette al di fuori delle terapie e della malattia.  Sono anch’essi persone, con una vita fuori dall’ospedale come noi.  Hanno studiato medicina, sono bravi, amano il loro lavoro, ma cerchiamo di non essere per loro solo un numero di cartella clinica!

Non credo sia una mia peculiarità riuscire ad entrare in sintonia con medici ed infermiere, semplicemente cerco di avvicinarmi a loro con rispetto, senza invadenza, ma con il giusto interesse per loro come persone, non solo come nostri curanti.  La scusa di offrire loro un caffè, oppure una domanda sui figli, un commento sull’ultimo modello di una automobile per l’appassionato di macchine sportive, sono modi semplici per entrare in contatto con loro. 

Quando il meccanismo di reciproca comprensione scatta, ecco che diventa più facile per noi capire le cure che ci propongono, esternare i nostri dubbi e le nostre domande, confidare perfino i nostri timori.

Mi ha commosso uno specialista, professore universitario e primario a Milano, che per rincuorarmi in un momento difficile e spronarmi a non arrendermi, mi ha detto parlando di sé e degli oncologi che mi stanno curando “noi siamo la tua squadra, combattiamo tutti insieme!”

Aiuta molto noi pazienti sentire la partecipazione dei medici che ci curano, quindi cerchiamola.