Il podio

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Charlene e Marco al primo posto
sul podio di Zagabria, dicembre 2016

Mi emoziono tuttora tanto quando suonano l’Inno di Mameli e sale la bandiera italiana, mi è impossibile non alzarmi in piedi anche se sono a casa davanti al televisore e, ahimè, confesso, mi scendono sempre le lacrime.

Se poi si tratta di una premiazione dal vivo, come ho avuto la fortuna e l’onore di vivere spesso all’estero grazie ai nostri atleti di danza su ghiaccio, la Simo si scioglie letteralmente, mi viene proprio il magone.  Da tanti anni faccio il giudice, o meglio facevo fino a due anni fa, appunto di danza su ghiaccio e ho vissuto con i nostri atleti emozioni indescrivibili, irripetibili, di cui sono loro molto grata.  Il giudice è importante per loro, come persona che li supporta, che ha fiducia incondizionata in loro, oltre allo staff tecnico ovviamente, e data la differenza di età mi sentivo un po’ anche la loro mamma.

Pensare che da bambina, a 3 anni, sognavo di diventare Carla Fracci; era il mio mito. Così mia mamma mi iscrisse alla Scuola di Ballo della Maestra Bruno, famosa a Milano a quell’epoca.  Dopo qualche lezione la maestra prese in disparte mia mamma e le disse che sembravo un “elefantino”, quando saltavo si sentiva solo me, eppure ero magra!  Le consigliò di cambiare attività.

Approdai al Palazzo del Ghiaccio di via Piranesi perché la figlia della più cara amica di mia mamma era stata campionessa italiana di danza su ghiaccio per tanti anni e a quel tempo insegnava lì.

Amore immediato!  Da allora ho pattinato tanto, ho fatto chilometri a tempo di musica su quella pista che in poco tempo è diventata la mia casa.  Per me esistevano solo lo studio e il pattinaggio. Infatti terminata la scuola il pomeriggio e la sera rimanevo alla pista, mentre la mia mamma, insieme alle altre, sferruzzava alacremente. Quante cuffiette e maglioncini hanno fatto!  E le mettevamo pure, che se le vedesse oggi un preparatore atletico direbbe subito “ma non sono aereodinamiche!”. Altro che aereodinamiche, erano pesanti e calde, di lana un poco ruvida, che faceva pure pizzicare le orecchie.

E il sabato e la domenica sera tutta la famiglia, papà, fratelli, a cena al ristorante del Palaghiaccio mentre noi ci allenavamo.  Una grande famiglia, ricordi indelebili e meravigliosi.

E quel periodo in cui avevo gli allenamenti al mattino presto, prima di andare al liceo, e la mia povera mamma si alzava prestissimo per cucinarmi un filetto ai ferri con sopra un uovo all’occhio di bue, perché sosteneva che mi avrebbe dato energia per tutta la giornata.  E ci credo!!!   Chissà cosa ne penserebbe un dietista sportivo oggi!

Sono stata una pattinatrice di danza modesta, di artistico molto scarsa, ma animata da una passione incontenibile.  Quando ho smesso di pattinare agonisticamente ho pianto tanto.

Qualche volta sono salita anche io sul primo gradino del podio, a livello solo nazionale però, ma la felicità era tanta e mi ripagava degli sforzi e dei sacrifici fatti. Eppure, credetemi, la mia gioia vera era pattinare, contava più del risultato.

Lo sport è un’eccezionale scuola di vita, devi imparare anzitutto a perdere, poi a confrontarti talvolta con le ingiustizie, con gli errori umani, ma devi continuare sempre, anzi devi applicarti ancora di più per raggiungere i tuoi obiettivi.

In questo post ho messo la foto di Charlene Guignard e Marco Fabbri, attuali Campioni Italiani di Danza, che mi hanno dato il loro permesso per farlo, ma nel mio cuore porto tutti gli atleti che negli anni hanno avuto fiducia in me come loro giudice, e li ringrazio per questo.

Con una di loro avevamo uno strano momento scaramantico, cioè era Federica che scivolando con il suo partner sul ghiaccio davanti a me già seduta in postazione di giudizio, nell’ultimo minuto di riscaldamento collettivo mi diceva solo con le labbra “in bocca al lupo”.  Ha funzionato spesso!